Il caso. Doppio Incarico: La Corte Federale d'Appello respinge il ricorso degli allenatori

"Il regolamento risulta approvato all’unanimità da parte delle società che hanno inteso non aderire alle doglianze degli stessi reclamanti"

Scritto da Luca Muzzioli  | 

foto it.depositphotos.com
MODENA - E' di oggi il “verdetto” della Corte Federare di Appello nel merito del ricorso degli allenatori sulla questione del doppio incarico.
Ricorso rigettato dalla CFA Fipav.

CORTE FEDERALE DI APPELLO FIPAV COMUNICATO UFFICIALE N° 05 — 13 FEBBRAIO 2023
Riunione del 12/01/2023
Presidente: Avv. Claudio Cutrera 
Componente: Avv. Luisella Savoldi 
Componente: Avv. Giuseppe Bianco

CFA 05/22/23Reclamo proposto dai Signori De Cecco Matteo — Giani Andrea — Piazza Roberto — Soli Fabio — Boninfante Dante — Papi Samuele — Montagnani Paolo — Rotari Roberto — Oleni Francesco - avverso la decisione del Tribunale Federale - CU N° 37 del 29 Novembre 2022.

La Corte Federale di Appello
OSSERVA
Con ricorso ex art. 30 del Codice di Giustizia Sportiva del Coni gli appellanti, quali allenatori di Club di Superlega Volley serie A1 e serie A2, adivano il Tribunale Federale Fipav al fine di ottenere la pronuncia di illegittimità del regolamento doppio incarico allenatori, adottato dalla Lega Pallavolo Maschile, nella versione modificata con delibera del CdA del 22.9.2022.

Gli appellanti deducevano che il Regolamento impugnato:

  • era contrario alla Costituzione Italiana, ai Trattati de11’Unione Europea, allo Statuto della Fipav e del Coni, al trattato di Lisbona, alla Carta Olimpica ed alle numerose risoluzioni del Parlamento Europeo adottate in materia sportiva, ma soprattutto, all’art. 8 del Dlg nr.104/2022 attuativo della direttiva europea sulla trasparenza 2019/1152 ed entrato in vigore il 13 agosto 2022;
  • aveva contenuti illegittimi e comunque vessatori, comportanti contrasto tra tesserati federali, i Club da una parte e gli Allenatori ed Assistenti Allenatori dall’altra;
  • costituiva un atto di arbitrio, posto in essere dalla Lega Pallavolo Maschile, contrario allo scopo previsto dall’art.4 lett. B Statuto Lega ovvero: “la promozione e la realizzazione di tutto quanto necessario al consolidamento dell’immagine della pallavolo maschile di vertice in Italia nei rapporti con gli organi di informazione, con le imprese industriali e commerciali, con gli Enti Pubblici e con le componenti qualificate dell’intero movimento pallavolistico nazionale ed internazionale”;
  • induceva la Lega Volley Maschile a creare un conflitto di posizioni tra tesserati FIPAV, le Società e i Tecnici di quest’ultime.

Si costituiva in giudizio, ai sensi dell’art. 37 del Regolamento Giurisdizionale, la Lega Pallavolo serie A, in persona del suo Presidente, sostenendo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso introduttivo ed, in ogni caso, la sua infondatezza.

In particolare la Lega deduceva:

  • che il proposto ricorso era inammissibile in quanto avente ad oggetto la legittimità del Regolamento Doppio Incarico che non rivestirebbe una “situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale” perché atto privato e legittimamente approvato dal Consiglio di Amministrazione del Consorzio;
  • che gli appellanti erano privi di legittimazione ad agire, non costituendo il detto Regolamento atto pregiudizievole dei rivendicati diritti, posto che esso introdurrebbe sanzioni economiche solo a carico dei Club appartenenti al Consorzio e che intrattengono rapporti di lavoro con figure tecniche incorse nel c.d. “doppio incarico”;
  • che gli appellanti erano privi di interesse ad agire in quanto gli stessi non sarebbero destinatari delle sanzioni previste dal Regolamento impugnato e non subirebbero alcuna limitazione alla propria libertà contrattuale;
  • che il contestato Regolamento era pienamente legittimo anche alla luce dell’art. 8 del D. Lgs. 104/2022 la cui finalità è quella di tutelare, nel caso specifico i Club, “dal conflitto di interessi e dalle conseguenze distorsive sul mercato derivanti dalla doppia collaborazione da parte degli allenatori con società di Superlega o di serie A2 ed una squadra nazionale maschile seniores, Italiana o straniera”.

In data 23.11.2022 intervenivano in giudizio, ad adiuvandum, i Sigg.ri Radostin Stoytchev, Dario Simoni, Roberto Santilli, Roberto Rotari e Francesco Oleni.
La Fipav, pure chiamata in giudizio, depositava una nota, a firma del Segretario Generale, con la quale comunicava di non volersi costituire in giudizio perché il Regolamento contestato non era stato approvato dalla Federazione e quindi doveva intendersi “valido ed efficace esclusivamente nell’ambito dei rapporti tra Consociati della Lega stessa” e che, quindi, “eventuali censure avverso tale normativa dovevano essere presentate, secondo quanto previsto dalla Statuto della Lega e dalle disposizioni vigenti”.
Con C.U. n.37, affisso il 30 novembre 2022, il Tribunale Federale, ritenendo di non avere giurisdizione né competenza in ordine alle domande poste dalle parti ricorrenti, dichiarava inammissibile il ricorso per i motivi meglio esposti nel detto provvedimento.
I Signori Matteo De Cecco, Andrea Giani, Roberto Piazza, Fabio Soli, Dante Boninfante, Samuele Papi, Paolo Montagnani, Roberto Rotari e Francesco Oleni, tutti difesi e rappresentati dall'avv. Elisabetta Frate, presentavano quindi reclamo innanzi a questa Corte riproponendo le argomentazioni non accolte in primo grado.
Si costituiva in giudizio la Lega Pallavolo serie A sostenendo, in via preliminare, l’inammissibilità del reclamo, nonché, in subordine, la sua infondatezza per le ragioni meglio spiegate nella memoria difensiva.
In data 12 Gennaio 2023 si teneva l’udienza innanzi a questa Corte, la quale, dopo aver sentito sia le parti che i loro difensori, si riservava di decidere.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va precisato che questa Corte ritiene sussistente la propria giurisdizione e competenza in ordine alle questioni di cui al reclamo.
Quest’ultimo, infatti, scaturisce da un ricorso proposto dinanzi al Tribunale Federale ex art. 30 del Codice di Giustizia Sportiva del Coni (come recepito dall'art. 35 del Regolamento Giurisdizionale della Fipav) il cui primo comma così recita: "Per la tutela di situazioni giuridicamente protette nell’ordinamento federale, quando per i relativi fatti non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento dinanzi agli organi di giustizia sportiva, è dato ricorso dinanzi al Tribunale Federale”.
L’art. 1 del D.L. 19 agosto 2003, n. 220, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280, dispone che la Repubblica riconosce e favorisce l'autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo.
Il successivo art. 2 stabilisce, poi, che, in applicazione dei principi di cui all'articolo 1, è riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive, nonché i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive.
Rientrano, pertanto, nel perimetro dell’ordinamento sportivo la disciplina ed il funzionamento di tutti i soggetti e le articolazioni finalizzate al corretto svolgimento delle attività sportive, a prescindere dalla loro natura giuridica (peraltro, in alcuni casi, come quello delle Federazioni Sportive, oggetto di forti contrasti giurisprudenziali), perché, però, finalisticamente connotati, gli uni e le altre, dal dovere di garantire lo svolgimento delle attività sportive; perimetro di competenza che include, inoltre, la definizione dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, riferibili ai soggetti testè citati, con l’applicazione delle relative sanzioni.
Orbene, si tratta di una giurisdizione caratterizzata finalisticamente dall’esigenza di garantire il corretto svolgimento dell’attività sportiva complessivamente considerata, concetto nel quale devono necessariamente rientrare tutti quei soggetti e comportamenti espressione del complesso articolato dell'ordimento sportivo.
In tale contesto esegetico non può negarsi che l’esame delle norme di cui al regolamento, adottato da un consorzio di società di Serie A per gli scopi ivi specificati, riguardi il complesso mondo dell’ordinamento sportivo in quanto mira a verificare se, con l’attuazione dello stesso, possano verificarsi lesioni di situazioni giuridicamente protette nell’ordinamento federale.
Le norme previste dal detto regolamento, dunque, devono ritenersi attratte nel perimetro di giurisdizione di questa Corte, dovendo tutti i soggetti tenuti a rispettarlo ritenersi obbligati a comportarsi secondo i principi di lealtà e correttezza in ogni funzione, prestazione o rapporto comunque riferibile all'attività sportiva, secondo quanto stabilito dall’art. 2 del Codice di comportamento sportivo del CONI.
In tal senso, per l’analogia dei principi affermati: Collegio di Garanzia dello Sport, Prima Sezione, Decisione n. 73/2008.

Non appare possibile, dunque, sottrarre quanto statuito dal detto regolamento alla Giurisdizione di questa Corte, poiché l’art. 4 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI attribuisce agli organi di giustizia la risoluzione delle questioni e la decisione delle controversie aventi ad oggetto l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive ed i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni, riecheggiando la disposizione della normativa statale in materia.

Nel merito il reclamo è però infondato e va respinto per i motivi che seguono.
Come è ben noto, la figura giuridica del “Consorzio” nasce a seguito di un accordo con cui due o più imprese decidono di mettersi insieme per affrontare le sfide del mercato.
Il Codice Civile, in materia, lascia ampia autonomia all’atto costitutivo, cioè al contratto con cui le imprese danno vita ad un consorzio.
Ciò significa che è possibile prevedere le condizioni più diverse, come ad esempio l’obiettivo della cooperazione, la durata, i requisiti d’accesso, le cause di esclusione e di recesso, ecc.
Per essere più precisi, il Codice Civile afferma che il consorzio è un contratto con cui più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.
Il consorzio è quindi una forma associativa con la quale più imprenditori decidono di unirsi per realizzare una finalità in comune.
La legge disciplina il contenuto minimo che deve avere ogni contratto di consorzio.
Per la precisione, l’atto costitutivo, stipulato rigorosamente per iscritto, deve prevedere: l’oggetto e la durata del consorzio, la sede dell’ufficio, gli obblighi assunti e i contributi dovuti dai consorziati, le attribuzioni e i poteri degli organi consortili anche in ordine alla rappresentanza in giudizio, le condizioni di ammissione di nuovi consorziati, i casi di recesso e di esclusione, le sanzioni per l’inadempimento degli obblighi dei consorziati.
Con riferimento ai rapporti tra consorzio e consorziati, la legge prevede un regime di autonomia patrimoniale con esclusivo riferimento ai consorzi esterni (o con attività esterna).
Il consorzio con attività esterna è quell'associazione di imprese che si presenta sul mercato come un soggetto terzo rispetto ai soggetti che lo costituiscono.
Ciò a differenza del consorzio interno, che è un accordo che ha rilevanza solamente tra gli imprenditori consorziati.
Ciò detto, ci si occupa della fattispecie in esame e si rileva quanto segue.
Il Consorzio con attività esterna denominato “Lega Pallavolo Serie A”, per come dichiarato dalla stessa Lega reclamata, ha adottato il regolamento in questione al fine di tutelare le Società di Serie A dai conflitti di interesse e dalle conseguenze distorsive sul mercato derivanti, a suo dire, dalla doppia collaborazione da parte degli allenatori con Società di Superlega o di Serie A2 ed una Squadra Nazionale maschile seniores, italiana o straniera.

Nel detto Regolamento sono, per l’appunto, enunciati tali scopi.
A dire dei reclamanti, invece, tale Regolamento violerebbe alcune norme di legge nonché principi comunitari richiamati quali quello di compromissione del diritto al lavoro, violazione dei principi di uguaglianza e parità di trattamento.
In realtà, a parere di questa Corte, nelle norme del regolamento impugnato non è ravvisabile alcuna violazione delle norme costituzionali e comunitarie richiamate dagli appellanti.
Ai reclamanti, infatti, che svolgono e possono continuare a svolgere anche in futuro contemporaneamente la loro attività in favore di una squadra di Club e di una squadra nazionale, in forza di distinti contratti di collaborazione sportiva, non è impedita, in maniera assoluta, la possibilità di poter svolgere la loro attività di allenatori né sono previste, a loro carico, limitazioni e/o sanzioni personali che potrebbero, in qualche modo, impedire e/o pregiudicare il libero svolgimento dell’attività stessa.
Se fossero stati previsti tali impedimenti, allora si che si sarebbe potuta invocare l'illegittimità del regolamento stesso.
Parimenti deve dirsi per le società di serie A alle quali non è preclusa la possibilità di stipulare un contratto di collaborazione con un allenatore che opera in regime di doppio incarico, fermo l'obbligo, in quest'ultimo caso, di pagare la sanzione economica prevista dal Regolamento.
A dire dei reclamanti, poi, sono proprio le sanzioni previste dal regolamento che potrebbero costringere, di fatto, le stesse società a non stipulare contratti di collaborazione con allenatori che operano in regime di doppio incarico, impendo agli allenatori stessi di svolgere un'altra attività al di fuori dell'orario di lavoro concordato.
La previsione di tali sanzioni, però, a parere di questa Corte, non costituisce una lesione dei diritti fondamentali dei reclamanti e ciò proprio perché non impedisce loro di effettuare le loro scelte lavorative.
Senza dire del fatto che le ragioni dei reclamanti devono anche rapportarsi a quelle delle rispettive società, pure meritevoli di tutela, così come esplicitate negli scritti difensivi della Lega.

Non può non considerarsi, infatti, che il detto regolamento risulta approvato all’unanimità da parte delle società facenti parte del consorzio stesso; società che, così facendo, hanno inteso non aderire alle doglianze degli stessi reclamanti.

Orbene, la scelta delle società di serie A - che investono notevoli risorse economiche per raggiungere determinati risultati sportivi - di affidare la gestione della propria squadra ad allenatori che non abbiamo assunto analoghi impegni con squadre nazionali, risulta espressione proprio di quel principio di autoregolamentazione che la normativa vigente consente ai consorzi di adottare, non sussistendo alcuna norma impeditiva per gli allenatori di svolgere le loro scelte e le loro attività.
Né, d’altronde, la libertà di scelta di alcuni allenatori di Serie A può essere tutelata al punto tale da condizionare gli interessi, economici e non, delle stesse società facenti parte del consorzio e ciò proprio alla luce delle norme di diritto che disciplinano tali figure giuridiche.
Alla luce di tutto quanto sopra esposto, dunque, non si ravvisano motivi per poter accogliere le ragioni proposte dagli odierni reclamanti.
P.Q.M.
La Corte Federale di Appello rigetta il reclamo.

Il Presidente Avv. Claudio Cutrera:
Affisso il 13/02/2023



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