Ed ora chiamiamola Costantinopoli. Capitale dell’Impero Romano, sì, d’Oriente, ma comunque “affar nostro”… Perché tre squadre italiane sul podio della Champions League, giocata sul campo del Fenerbahce – grande esclusa dall’appuntamento per mano di un altro italiano, Giovanni Guidetti, alla guida del suo Vakif – sono un godimento unico.
È un’eternità fa che l’Unione Sovietica monopolizzava l’Europa. Di qualche anno fa è il dominio turco. Oggi, per parafrasare una frase diventata celebre alla luce dei primi successi azzurri, la Russia siamo noi.
Vincere aiuta a vincere, e quasi non ci stupisce più il successo della Prosecco Doc, targata A.Carraro. Anche se il giusto riconoscimento e rispetto vanno ad ogni vittoria: è vero che le Pantere erano le favorite, ma dimostrarlo e meritarlo contro squadre altrettanto ambiziose – che contro la corazzata veneta hanno poco da perdere e tanta voglia di mostrarsi – è un’altra cosa, e richiede abnegazione, umiltà, fame.
Bella Prosecco, bella squadra, bel progetto, bella filosofia. Lavorano bene nella Marca trevigiana e, per come vanno le cose, se riusciranno a sbarcare nel nuovo impianto di Venezia, 12.000 posti, struttura che dovrebbe essere pronta il prossimo anno, porteranno la pallavolo italiana in una nuova era: sicuramente avveniristica, sicuramente a un altro livello, mai raggiunto prima dal nostro sport al femminile.
Per gli altri club sarà una sfida rincorrerle, ma è imperativo farlo. Per un’ulteriore crescita di un movimento che oggi vanta l’oro olimpico al collo.
Avviso ai naviganti: questa Imoco, per quanto raccontano le sirene di mercato, ha già messo le mani sullo scudetto 2025/26. Per tutti gli altri attrezzatevi di conseguenza, valorizzate le giovani italiane, costruite progetti a lungo termine, ascoltate le indicazioni dei tecnici e non fate raccolta di figurine, ricordando che in campo possono andare al massimo quattro straniere per volta.
Il podio di coppa è tutto italiano. Scandicci gongola. Terza in campionato, superata da Milano in semifinale playoff, partita ad handicap a inizio stagione con l’avvicendamento tra Antigà e Gaspari sulla panchina, possiamo dire che il tecnico marchigiano ha saputo dare lustro a una squadra che forse – ma senza “forse” – per come era stata costruita, poteva sperare di raccogliere più gloria internazionale che nazionale. L’ha fatto al meglio. Preparando tatticamente in maniera perfetta la semifinale contro un avversario dato da tutti come secondo finalista, il VakifBank di Giovanni Guidetti, sfruttando forse una condizione non ottimale di alcune protagoniste attese, e mandando fuori giri altre, come Markova. Alla fine ha sbancato in semifinale e giocato a testa alta la finale, vincendo un argento importante: l’oro degli umani, perché Conegliano è una squadra di extraterrestri. Antropova, Ognjenovic e Herbots (straordinaria in semifinale con Bajema, meno brillante in finale) hanno potuto festeggiare un bel cammino. Per Marco Gaspari, una bella rivincita personale. Storie che fanno bene alla pallavolo.
Milano, Milano... manca sempre un centesimo per fare una lira. Il bronzo non era forse la medaglia più attesa, ma di certo è stata una medaglia voluta – e qui sta il lato positivo di questo viaggio. Perdere abbatte, riperdere sempre con lo stesso avversario (nove KO su nove in stagione contro l’Imoco, senza contare la passerella di inizio anno a Courmayeur) può portare a scoraggiarsi. Da un manipolo di campionesse come quelle della Numia Vero Volley, la reazione nella finale per il terzo posto – quando hai perso diverse semifinali o finali nel corso dell’anno senza portare a casa nessun primo posto – non è scontata. Auspicata, ma non scontata. Come dice Lavarini: “A non tutti piace giocare la finale per il terzo posto, ma arrivare terzi è meglio che quarti.”