Non so se l'Italia è davvero un Paese, una Nazione razzista (io non lo credo) come ha ribadito anche in conferenza stampa a Sanremo Paola Egonu.
Anzi, sono certo che non si possa dire che l'Italia è un Paese razzista, o meglio una Nazione razzista. Non lo credo. Credo però che ci siano frange dove ancora oggi certe idee siano radicate e, forse, per sempre non modificabili. Come in ogni altra Nazione di questo mondo, un mondo che in taluni ragiona ancora di razze quando la razza è una, sola, la razza umana.
Insomma non credo e credo.
Credo però di non poter avere le caratteristiche giuste qui, in Italia, per avvertire il razzismo sulla mia pelle. Credo che i dubbi e il malessere manifestato da Paola Egonu fino a ieri a mezzogiorno, momento della conferenza stampa, in cui a diretta domanda della stampa che solo quello voleva sentirsi raccontare, ha risposto in maniera lapidaria, non sia da me sindacabile, come da chiunque altro che non sia Paola Egonu. La sua sensibilità sul problema, avvertito sulla sua pelle, è solo sua. Indiscutibile.
Possiamo invece discuterne i modi, i tempi con cui ha deciso di denunciare la cosa. Una denuncia che le è scappata prima al mondiale, dove ha prevalso l'adrenalina, poi dopo quando più semplicemente ha generalizzato non contenendo la slavina meditica. Mi auguro che chi le starà vicino non la rigetti nel mare della polemica, ma la aiuti, la difenda, la preservi, anche a costo di una apparizione in meno o una intervista (poi da disconoscere) in meno.
In tutto questo faccio un invito a Paola. Continui a combattere le sue battaglie, con la consapevolezza che dovrà però allargare le spalle perché in era social il livore, la rabbia e anche la semplice invidia per il suo successo si sfogano al peggio e nelle peggio forme contenutistiche. Continui le sue battaglie – se lo vorrà - ma faccia anche dei distinguo.
In ambito sportivo la vorrei, spero si possa dire che la vorremmo, solare, emozionata e divertita come ieri sera sul palco dell'Ariston. Luminosa e bella. Come non mai.
Il suo monologo (testo - video), preparato, addolcito, con le giuste pause, i sospiri, gli errori di lettura, mi è piaciuto. Vorrei che Paola trovasse quella pace interiore, anche per rispondere meglio a chi la fa soffrire.
Un monologo bello, giusto, il primo passo anche per riconquistarsi il posto in azzurro, il posto nel gruppo della nazionale, un posto che non può meritare solo perché sa schiacciare a terra 30 palloni in una partita. La nazionale, De Giorgi insegna, è un insieme di diversi insiemi che però devono essere uno. Lo sa anche Davide Mazzanti, speriamo che lo capisca anche Paola.
La strada intrapresa nel monologo di ieri sera mi pare quella giusta. Di fronte a oltre 9 milioni di telespettatori l'opposta ha raccontato la sua fragilità con la libertà che si può avere nell'intimità di uno studio di uno psicologo.
Se Paola si ricorderà di quella Paola il gruppo azzurro, la nazionale, non potrà che riabbracciarla con affetto. C'è bisogno, nel nostro mondo della pallavolo, di quella Paola.