Internazionale | 05 settembre 2023, 10:00

Intervista: Clevenot si racconta. "L'impresa di Tokyo? L'ho realizzata una volta a casa"

Intervista: Clevenot si racconta. "L'impresa di Tokyo? L'ho realizzata una volta a casa"

di Chiara Belcastro

MODENA - È il 7 agosto 2021. All'Ariake Arena di Tokyo va in scena la finale olimpica. La Francia è in vantaggio di due set, ma il ROC (Russian Olympic Committee) rimonta 2-2. È il tie-break, il punteggio segna 14-12 per la Francia, Mikhaylov sbaglia l’attacco. La Francia vince le Olimpiadi. Cosa provi, oggi, a ripensare a quei momenti? 

"È stato un momento indescrivibile, raggiungere l'oro olimpico è l'obiettivo di tutti gli atleti. Essere diventato campione olimpico per me è stata la realizzazione di un sogno. Penso che ascoltare "La Marseillaise" mentre sei sul gradino più alto del podio olimpico, vedere la bandiera della tua nazione alzarsi mentre guardi la medaglia d’oro che hai attorno al collo sia un momento veramente speciale. È gioia pura, felicità pura".

Quando hai realizzato di essere diventato campione olimpico? "Il momento in cui ho effettivamente realizzato quello che era accaduto è stato quando siamo tornati in Francia, lì abbiamo realmente capito ciò che avevamo fatto. L'accoglienza in patria è stata incredibile".

Ora siete in campo per gli Europei. Nel 2021, dopo la straordinaria vittoria dell'oro alle Olimpiadi di Tokyo, la Francia aveva ottenuto un nono posto. Come avete preparato questo evento? "Abbiamo lavorando duro, giorno dopo giorno, preparandoci al meglio per questo evento. Il campionato europeo è veramente difficile, ci sono tante squadre che possono aspirare al titolo. Dobbiamo mantenere la lucidità e affrontare partita dopo partita per andare avanti il più possibile".

Hai giocato in diversi club europei. Qual è stata la scelta più difficile che hai dovuto fare riguardo al tuo percorso professionale? "Credo che i momenti chiave nel mio percorso siano stati due. Il primo riguarda la scelta di andare a giocare all’estero, quando ho lasciato Tolosa per Piacenza. Penso che questo tipo di esperienze siano sempre molto difficili ma sono quelle che ti fanno crescere maggiormente, sia sul campo sia come uomo".

"Il secondo momento coincide con la decisione di lasciare l'Italia. Qui mi sono trovato benissimo e sono molto legato a questa terra, ma avevo deciso di trasferirmi in Polonia per cimentarmi con un altro campionato di altissimo livello e dove vige un’organizzazione veramente perfetta. Accettare di trasferirmi allo Jastrzębski Wegiel è stato un passo strano per me, ma mi sono trovato benissimo. È una società che ricorderò per sempre per come sono stato trattato".

La scorsa stagione lo Jastrzębski Węgiel e lo Zaksa si sono contesi tutti i trofei in palio (domestici e non). Affrontare una squadra che si è già incontrata molte volte porta con sé una certa familiarità riguardo alle loro strategie e ai loro giocatori chiave. Come si gestisce una situazione del genere e come cerchi di adattare la tua strategia per mantenere l'elemento di sorpresa? "L'anno scorso abbiamo giocato nove partite ufficiali contro lo Zaksa. È stata una battaglia durata otto mesi, noi abbiamo vinto Supercoppa e campionato polacco mentre loro hanno conquistato la Coppa di Polonia e la Champions League. Eravamo due squadre davvero complete, che avevano un gioco ben collaudato e che commettevano pochi errori. Di norma, proviamo sempre ad analizzare al meglio come l’altra squadra ha giocato contro di noi e a cercare di capire cosa cambiare, da parte nostra, per provare a dare fastidio all’avversario e a sorprenderlo. Ma alla fine dei conti, ciò che è importante è essere in grado di sviluppare il proprio gioco durante il match".

Dopo due annate allo Jastrzębski Węgiel, la prossima stagione rimarrai in Polonia ma giocherai per l’Aluron Zawiercie. Cosa ti aspetti da questa nuova avventura? "Per il prossimo anno, l’Aluron Zawiercie ha costruito una bellissima squadra che proverà a raggiungere obiettivi importanti. Come quelle passate, sarà ancora una stagione importante, piena di partite e momenti delicati da gestire nel miglior modo possibile. Vedremo come andrà a finire, ma come sempre dovremo dare il 100% per ottenere i risultati che ci siamo prefissati".

Con una programmazione e un calendario così fitti, riuscire a trovare un equilibrio tra la vita professionale e la vita personale può essere impegnativo. Come riesci a mantenere questo equilibrio e a prenderti cura di te stesso? "Questa è una bella domanda. Siamo impegnati dodici mesi su dodici e la pallavolo è uno dei pochi sport che richiede un impegno tale all’atleta. Il corpo non riposa mai, trovare momenti da dedicare al riposo diventa sempre più difficile. Credo che modificare il calendario per lasciare spazio al riposo, sia mentale che fisico dell’atleta, dovrebbe essere una priorità. Specialmente se si vuole mantenere la pallavolo come uno spettacolo di alto livello, è fondamentale che l’atleta si dedichi ad una preparazione adeguata. Io riesco a (ri)trovare il mio equilibrio grazie alla mia famiglia, alla gente a me vicina e ai sacrifici che anche loro fanno per me".

Ti definiscono come un ragazzo che non perde mai il buonumore, molto schietto e sul campo hai dimostrato di essere anche versatile (ti abbiamo visto giocare da centrale per esigenze di squadra). Ti ritrovi in queste definizioni?  "Io sono così, mi piace ridere, mi piace mettere energia in quel che faccio perché credo fortemente che sul campo, ma anche fuori, puoi influenzare la gente soltanto con un sorriso. Essere positivo può diventare una forza. Per quanto riguarda il cambio di ruolo, eravamo quasi obbligati di giocare così, mi sono divertito molto a cambiare. Non mi piace pormi dei limiti, preferisco essere una persona che riesce adattarsi alla squadra e ad aiutarla come meglio riesce".

Cosa ti spinge a giocare a pallavolo?  "Gioco a pallavolo perché mi piace, quando gioco e mi alleno mi diverto davvero e penso che questa sia la cosa più importante".

di Chiara Belcastro

Commenti