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Champions League | 19 maggio 2025, 09:40

Champions League: Le pagelle della vittoria di Perugia e della F4 di Lodz

Luca Muzzioli

Champions League: Le pagelle della vittoria di Perugia e della F4 di Lodz

LODZ - La Sir Sicoma Monini Perugia entra nella leggenda. Alla prima finale di Champions League vinta, dopo anni di rincorse, la squadra umbra conquista il trofeo più ambito del volley europeo con una prestazione corale, solida, lucida. Il presidente Gino Sirci raccoglie il frutto di una lunga cavalcata iniziata nelle palestre di provincia, mentre Angelo Lorenzetti firma il capolavoro tecnico in una stagione tutt’altro che semplice. Da Giannelli a Colaci, passando per gli acuti di Plotnytskyi, Ishikawa, Ben Tara e i centrali Solé e Loser, ogni pedina ha avuto un ruolo determinante.

10 - Gino Sirci
Il visionario che ha portato Perugia sul tetto d’Europa

Dalle palestre di Serie C a Bastia Umbra fino all’Atlas Arena di Łódź: il viaggio di Gino Sirci è quello di un sognatore testardo, passionale, spesso sopra le righe, ma capace di costruire un impero. Dopo anni di investimenti, tensioni, esoneri, titoli mancati e agognati, arriva la Champions League. Un traguardo storico, che cancella polemiche e stagioni travagliate. Il volto pacato del post-partita è quello di un uomo finalmente appagato. Dopo il Grande Slam, la stagione più difficile: si pretendeva il bis. Con questa Champions, Perugia scrive la sua storia. Sirci se la prende tutta. E con lui i più storici collaboratori: Vujevic e Rizzuto, il voto è anche per loro che sono passati tra glorie e bufere.

10 - Angelo Lorenzetti
Il domatore del caos, il tecnico della misura

È l’uomo che ha riportato equilibrio dove regnava l’instabilità. Dopo anni in cui allenatori eccellenti – da Grbic ad Anastasi e tanti altri – sono stati esonerati o non confermati, Lorenzetti ha tenuto saldo il timone nei momenti più bui. Eliminato anzitempo da Coppa Italia e corsa Scudetto, ha rimesso insieme i pezzi e ha puntato dritto alla Champions. Con sobrietà, senza proclami, ha costruito un gruppo. Perugia non è mai stata un ambiente semplice, ma oggi si raccoglie il frutto di una stagione da maestro. E chissà, forse il “periodo mangiallenatori” è davvero finito.

10 - Simone Giannelli
Il palleggiatore del destino, il leader silenzioso

Tra le medaglie "umane" gli mancava solo questa. Ora nel palmarès di Giannelli c’è tutto: Scudetto, Coppe, Mondiale per Club, e finalmente la Champions League. Ha gestito i momenti difficili con maturità, guidato Perugia dopo il crollo playoff, ha incarnato spirito, lucidità e fame. Nelle sue parole dopo la vittoria c’è tutta la consapevolezza di chi non ha vinto per caso. È stato il primo a tornare in palestra dopo la sconfitta con la Lube. Il primo a volerla davvero, questa Coppa. E oggi la tiene in mano, come se l’avesse sempre saputo.
Dai Simone, ora ti aspettiamo com la stessa voglia a LA28.

10 - Massimo Colaci
Il guardiano della storia, l’anima di Perugia

Quarant’anni, una vita in difesa. Era a Perugia dal primo traguardo, oggi è ancora lì, a vincere. Colaci è il libero che non fa rumore, ma c’è sempre quando conta. Difese, ricezioni, leadership silenziosa: è il perno nascosto delle vittorie umbre. Ha scelto questa maglia nel 2017 per farne la storia, e ha firmato ogni pagina scritta da allora. Il voto è simbolico, ma anche no. Per età, longevità, impatto: 10 pieno, senza esitazioni.

8,5 - Oleh Plotnytskyi
Un cuore ucraino in mezzo alla battaglia

Con la mente divisa tra la Champions League e il dramma della sua terra, Plotnytskyi ha giocato con intensità feroce. È stato uno dei due migliori schiacciatori della Final Four secondo la CEV, e lo ha meritato. Forse la sua battuta non ha sempre fatto la differenza come in passato, ma nel tie-break della finale è arrivato puntuale a colpire, lasciando il segno. Ha messo tutto se stesso in questa vittoria. Onore a lui.

9 - Yuki Ishikawa
Il terzo schiacciatore diventato titolare del destino

Sembrava destinato ai margini, forse ai saluti (dopo c he il club l'ha proposto per uno scambio). E invece Ishikawa (nella foto con Goran Vujevic, uno che il volley lo può insegnare a chiunque) si è preso la scena nel momento decisivo. Con Semeniuk fuori gioco, ha risposto presente, con grinta, intelligenza e classe. Ha parlato di un sogno che si realizza, e in effetti ha vissuto la Champions come un protagonista inatteso. La sua presenza è stata preziosa per equilibrio, qualità e solidità. Voto altissimo, perché non era scontato.

9 - Wassim Ben Tara
Potenza, continuità, MVP tra gli opposti

Un opposto “vecchia maniera”, tutto colpi e muscoli, ma con testa e presenza costante. Ben Tara ha dominato in attacco, si è meritato il titolo di miglior opposto della Final Four, lasciando dietro i pari ruolo delle altre squadre. Il tunisino con passaporto polacco ha trovato la sua consacrazione in Europa. È stato tra i più lucidi anche nel quinto set, quando il margine d’errore era nullo. Decisivo.


8 - Sebastián Solé e Agustín Loser
I pilastri silenziosi al centro del progetto

Niente premi individuali, ma un ruolo chiave. Solé e Loser hanno giocato una Champions da veri centrali moderni: solidi a muro, puntuali a primo tempo, sempre in sintonia con Giannelli. In una stagione senza il contributo di Russo, hanno portato avanti il reparto con affidabilità e carattere. Fondamentali nell’economia della squadra.

9 - La CEV e l’organizzazione della Final Four
Torna il merito, torna il campo al centro

La CEV è tornata sui suoi passi e ha premiato i migliori sul campo, non i più votati dai tifosi. Dopo il caos di Istanbul con un dream team fuori logica (i click dei tifosi non sempre premiano quanto visto in campo), una scelta che riporta credibilità. E la Polonia si conferma paese modello per il volley: più di 10.000 spettatori a partita, organizzazione impeccabile, grafica, TV, palazzetti, atmosfera. Anche la nuova formula su tre giorni pare aver convinto. Una Final Four da ricordare, anche fuori dal campo.