MODENA - Ecco l’intero testo estratto dall’articolo su Asia Cogliandro pubblicato oggi da La Stampa.
Licenziata vera
di GIULIA ZONCA
Asia Cogliandro, pallavolista incinta licenziata
"Nel volley le giocatrici sono solo ingranaggi. Sono rimasta incinta e mi hanno buttata fuori."
La storia della pallavolista del Perugia: "Violenza psicologica. Mi hanno fatto detestare lo sport che amavo"
Celebriamo lo sport delle donne. La medaglia storica del basket, la semifinale esaltante della Nazionale di calcio, la forza del volley che si è scoperto quasi imbattibile dopo l’oro di Parigi, ma non sarebbe giusto pensare che dietro a questa splendida, tangibile, evoluzione, allo spazio preso e goduto tutto sia calmo e pronto a essere trainato in avanti.
Ci sono scelte che riportano alla realtà non risolta, che mai si risolverà se non viene scoperta. Anzi, scoperchiata. Ci sono giocatrici licenziate per maternità, succede, ancora, nel 2025. È successo ad Asia Cogliandro, quindici anni di carriera tra A1 e A2, ultimo domicilio Perugia: "Una grande storia d'amore finita con una inconcepibile violenza psicologica di cui non capisco proprio il motivo."
Torniamo indietro, alla storia d'amore, per capire che cosa è successo dopo la gravidanza.
"I due lati del racconto non combaciano. Avevamo un rapporto fantastico, squadra e società. Io in particolare. Loro hanno un bel progetto di crescita, mi sembrava, e io ho firmato il rinnovo dopo la promozione in A1 ben sapendo di essere utile più dal punto di vista caratteriale che in campo. Non sarei stata titolare, era chiaro: eravamo in quattro nel mio ruolo, ma quando c’è da mettere in campo quelle due o tre urla di esperienza, sono ideale. Lo so io e lo sapevano loro. Se non fossi rimasta incinta i miei spazi li avrei trovati."
Ha firmato il rinnovo prima di scoprirlo?
"Il giorno dopo la promozione ho alzato il telefono: 'Voglio restare, che facciamo?' A maggio 2024 c’era già il contratto, a posto. In cinque abbiamo fatto così, come una famiglia felice di stare insieme. Grazie a Perugia io sono cresciuta sia dal punto di vista pallavolistico che mentale, non ho problemi a riconoscerlo. Con il presidente ci si sentiva tutti i giorni."
Poi resta incinta. Cambia tutto subito?
"Lo vengo a sapere il 20 gennaio. Panico, estasi, brividi. Tutto. Ero a Formia dal mio compagno. L’anno prima ho avuto un aborto, ero in cura, una situazione complessa. Mi dicevano che sarebbe stato difficile avere un altro figlio. E sapere di aspettarlo è stata... una mano dal cielo e anche una condizione fragile."
Giocare tra le pallonate non era l’ideale.
"Mancavano sette settimane alla fine del campionato e io pensavo di restare. Lo dico alle compagne storiche, per un confronto, ma il 21 gennaio mi alleno e ho paura, loro sono agitate. Non si può fare. Esco dallo spogliatoio con una decisione: il giorno dopo lo comunico al direttore sportivo."
Lui come reagisce?
"Era contentissimo. Mi abbraccia, mi fa le congratulazioni. Chiedo riservatezza perché la gravidanza è a rischio ed è molto presto. La privacy non viene rispettata, in un attimo lo scenario si trasforma e le pressioni arrivano immediatamente. Piena di ansia do la notizia ufficiale. Subito, la società mi dice di lasciare la casa e di restituire anche le mensilità di affitto già pagate."
Senza un preavviso? Con che motivazione?
"Diventano assertivi, 'devi andare via'. Fine. A me sembra assurdo fare gli scatoloni e i controlli per il bambino insieme, ma non voglio grane, mi sposto. Iniziano le telefonate: 'Bisogna capire che cosa fare con il contratto'. Mi impongono di chiedere la maternità, ma quella scatta a due mesi dalla data del parto. Non ragionano, vogliono solo tagliarmi."
Per vie legali?
"Cercano un accordo e io mi rifiuto perché mi rendo conto che la situazione è assurda. Il mio procuratore triangola con il direttore sportivo e il presidente. Tra la loro offerta e il dovuto fino a scadenza contratto ballano 12 mila stupidissimi euro, una cifra ridicola solo che io ho subito una violenza psicologica che non posso accettare e quindi siamo qui in un vicolo cieco."
Quali sono i comportamenti che più l’hanno ferita?
"Sono stati lapidari, volevano proprio che mi levassi di mezzo. Ho proposto di aiutarli a gestire i social o di darmi un lavoro d’ufficio per i mesi che mancavano, purtroppo il loro unico intento era sbarazzarsi di me. Ho persino ipotizzato di congelare il contratto, fino al rientro, alle stesse condizioni. Io in carriera ho avuto degli infortuni: mentre sei ferma ti pagano, se sei incinta sei da allontanare. Mi hanno dato dell’ingrata, mi hanno minacciata."
In che senso?
"Mi conveniva accettare l’accordo o non avrei più trovato una squadra. Piuttosto che tornare a giocare faccio il muratore, con tutto il rispetto, non sarei ovviamente in grado, però lo sport che amavo ora mi disgusta. Non ne voglio più sapere di quel mondo."
Dalle compagne, dall’allenatore nessun aiuto?
"Io a loro voglio bene. Il volley non è un ambiente sano, li capisco. So che il tecnico ha detto alla società di evitare figuracce e di pagarmi il dovuto, le giocatrici in privato mi sostengono, ma sono spaventate. Anche per questo ora parlo, basta intimidazioni."
La società, detto così sembra un’entità indefinita. Ha capito chi ha sostenuto questa linea?
"Comandano il presidente e quattro soci onorari, non so chi è l’artefice. La decisione è radicale e sono convinta che certi non abbiano voglia di sostenerla per i due spicci che risparmiano, è questo che mi fa inferocire. Contano sul fatto che mi stanchi. Aspetto un figlio, è una gravidanza complicata, fanno leva sul mio bisogno di stare tranquilla e non prevedono reazioni. Non se le aspettano mai, ma non possiamo continuare così. Hanno cercato in tutti i modi di farmi risultare inadempiente. Quando sono partite le comunicazioni legali hanno sostenuto che io sono scappata senza dire nulla. Mi prendono in giro. Fossi sparita sul serio mi avrebbero diffidata."
C’è un precedente noto nel volley, Laura Lugli. Dopo non sono cambiate le norme?
"Siamo sempre con contratti co.co.co, a tempo, non siamo professioniste. Qualcosa è stato modificato, dovrebbero esserci più tutele. Ma Lugli non era la prima e se continuiamo ad accettare compromessi io non sarò l’ultima. È ora di dire basta."
La Nazionale d’oro è una bandiera di molte istanze. Perché dietro c’è un movimento così?
"Tante società non sono a livello. Ci sono persone in Lega che io conosco da che sono bambina e se ne sono lavate le mani."
Qualcuno che l’ha aiutata esiste?
"Il mio compagno, che sta in Marina e il mio avvocato, Alessandro Marzoli, che mi dà un incredibile sostegno, soprattutto adesso che lo scadere si avvicina e io mi agito. So che a Perugia contano su questa idea. L’evidenza che io abbia altro di cui occuparmi li fa stare tranquilli. È schifoso."