Comunichescion | 28 luglio 2025, 12:02

Perugia, Italia. La storia di Asia Cogliandro e l’altra faccia del volley italiano. Incinta, licenziata

Luca Muzzioli

La prima pagina de La Stampa

La prima pagina de La Stampa

Nel giorno in cui l’Italia del volley femminile festeggia il trionfo nella Volleyball Nations League sotto la guida di Julio Velasco, c’è una storia che incrina l’immagine dorata di un movimento capace di ispirare milioni di persone. È la vicenda di Asia Cogliandro, 29 anni, pallavolista con 15 stagioni alle spalle tra Serie A1 e A2, “colpevole” di essere rimasta incinta e, per questo, messa alla porta dalla sua società: Perugia.

Mentre le prime pagine dei quotidiani sportivi celebrano le gesta delle azzurre, c’è un lato oscuro che riemerge con forza. “Mi hanno fatto detestare lo sport che amavo”, racconta Asia in un’intervista rilasciata a Giulia Zonca per al quotidiano La Stampa che colpisce per lucidità e dolore. Una vicenda che non solo mette in discussione i valori di uno sport apparentemente inclusivo, ma che denuncia una fragilità sistemica: l’assenza di reali tutele per le atlete che scelgono di diventare madri.

Cogliandro, che aveva appena rinnovato il contratto con Perugia dopo la promozione in Serie A1, ha scoperto di essere incinta il 20 gennaio. Dopo aver condiviso con discrezione la notizia con il direttore sportivo, si è vista progressivamente esclusa da ogni contesto: le è stata chiesta la restituzione della casa, il rimborso dell’affitto già versato e infine l’interruzione del contratto.

Mi hanno detto di andarmene, senza preavviso, senza una vera motivazione. Ho proposto di lavorare in ufficio, di occuparmi dei social della squadra. Ma volevano solo liberarsi di me”, prosegue Cogliandro, che ha rifiutato l’accordo stragiudiziale proposto dalla società, decidendo di procedere per vie legali per ottenere il pagamento integrale degli stipendi. In ballo ci sono circa 12.000 euro: “Una cifra ridicola rispetto alla violenza psicologica subita”.

Un fatto che stride in maniera grottesca con l’immagine di un Paese che oggi si emoziona davanti ai sorrisi di Egonu, Sylla e Antropova. “Vorrei essere l’ultima trattata così. Ma temo di non esserlo. Perché dietro a una Nazionale d’oro c’è un movimento che spesso non è all’altezza”, denuncia Asia. Le sue parole sono una ferita aperta in un sistema che si professa moderno, ma che continua a trattare la maternità come un ostacolo e non come una fase naturale della vita.

Non è la prima volta che il volley italiano si scontra con questo tipo di episodi: il caso di Laura Lugli, che nel 2019 fu allontanata dal club di Pordenone mentre era incinta, è ancora nella memoria del movimento. Eppure, nel 2025, poco sembra cambiato. Le atlete continuano ad avere contratti co.co.co, senza tutele vere, esposte al rischio di essere lasciate sole proprio nei momenti più delicati.

Il comportamento del club umbro è inaccettabile e dovrebbe essere oggetto non solo di indignazione mediatica, ma anche di un’azione concreta da parte delle istituzioni sportive. La Lega Pallavolo, la FIPAV, il CONI: tutti dovrebbero interrogarsi su come sia possibile che, in una stagione segnata da successi senza precedenti, si possa ancora assistere a episodi simili.

Mentre le azzurre riscrivono la storia del volley mondiale, vincendo la VNL da imbattute con 15 successi consecutivi e 29 vittorie ufficiali di fila, il caso Cogliandro ci ricorda che non basta vincere medaglie per definirsi un grande movimento. Serve coerenza, rispetto, civiltà. Serve la volontà politica e culturale di non lasciare indietro nessuno. Neppure una donna che, nel mezzo della sua carriera, ha semplicemente deciso di diventare madre.