ROMA – Dopo anni lontano dal campo, Mauro Berruto torna ad allenare. L’ex commissario tecnico della Nazionale italiana di pallavolo maschile – oggi parlamentare del Partito Democratico – è stato invitato dal Comitato Olimpico Palestinese e dalla Federazione Pallavolo Palestinese per un progetto tecnico di collaborazione e formazione.
Tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre, Berruto sarà in Palestina insieme a una delegazione di parlamentari italiani, per un programma intensivo di quattro o cinque giorni che comprenderà sessioni di allenamento con la Nazionale Palestinese, momenti di formazione per tecnici locali e un college dedicato alla crescita del movimento pallavolistico nel Paese.
Un ritorno simbolico per il tecnico torinese, che dopo aver guidato l’Italia al bronzo olimpico di Londra 2012 e all’argento europeo del 2013, torna temporaneamente in panchina con una missione dal forte valore sportivo e umano.
Il post di Mauro Berruto
Torno ad allenare.
Non entravo in una palestra da dieci anni.
Per scelta, forse per rispetto verso una parte di me che aveva chiuso un cerchio perfetto.
Ho trascorso 25 anni ad allenare, ho avuto l’onore di guidare la Nazionale italiana di pallavolo maschile fino al bronzo olimpico di Londra 2012. Non pensavo di poter avere nulla di più. Ora, dieci anni dopo, accadrà di nuovo. Nell’ultima settimana di novembre, sì, tornerò ad allenare. Lo farò nel posto più simbolico e fragile che si possa immaginare: la Palestina. Su invito del Comitato Olimpico Palestinese e della Federazione Palestinese di Pallavolo, avrò l’onore di diventare per qualche giorno il Commissario Tecnico della Nazionale Palestinese di pallavolo maschile.
Condurrò una serie di allenamenti con la squadra nazionale, corsi di formazione per allenatori e sportivi palestinesi, e parteciperò a incontri istituzionali dedicati allo sviluppo dello sport e alla diplomazia sportiva. Partirò per questo viaggio nel significato più profondo dello sport con Ouidad Bakkali, Laura Boldrini, Sara Ferrari, Valentina Ghio e Andrea Orlando. Insieme, porteremo un messaggio di pace, dialogo e cooperazione, convinti che lo sport possa ancora essere un linguaggio di riconciliazione. Allenare una nazionale, in qualunque parte del mondo, è sempre un privilegio. Allenare quella palestinese, oggi, è qualcosa di più grande: è un atto di fiducia nello sport come respiro di libertà.
Torno in palestra, dopo dieci anni, per restituire un po’ di quel dono che lo sport mi ha fatto per tutta la vita: la possibilità di credere che anche nei luoghi più difficili, un campo da gioco possa ancora essere luogo di coraggio e speranza nel futuro.
Questa sarà la mia squadra. Gli atleti e, al centro, il coach che vedete in bianco e nero, purtroppo, non sono più tra noi.












