LOSANNA - Il Consiglio d’Amministrazione della FIVB, riunito tra Losanna e collegamenti online, ha approvato una serie di modifiche sostanziali al regolamento che disciplina l’idoneità dei giocatori alle competizioni internazionali. Si tratta della revisione più restrittiva degli ultimi anni, con impatti immediati sulla gestione delle nazionali.
Cambiare maglia sarà molto più difficile
La riforma introduce un limite preciso: dal 28 febbraio 2026 ogni nazionale potrà schierare al massimo due atleti che abbiano cambiato federazione nel corso della carriera.
Per ottenere il diritto a rappresentare una nuova federazione, servirà inoltre: una residenza minima di tre anni nel nuovo Paese, oppure la cittadinanza acquisita prima del primo tesseramento con la federazione d’origine.
Paletti che restringono drasticamente la mobilità internazionale degli atleti.
Stop definitivo ai cambi dopo aver rappresentato la nazione d’origine
La novità più netta riguarda però il passato sportivo dei giocatori: chiunque abbia rappresentato la propria federazione d’origine – a qualsiasi livello, giovanile o senior – non potrà più cambiare nazionale.
Una norma che, applicata retroattivamente, renderebbe impossibili casi celebri della pallavolo moderna: Wilfredo Leon, Osmany Juantorena, Yoandy Leal, Kamil Rychlicki o Melissa Vargas e molti altri non avrebbero mai potuto vestire una maglia diversa da quella d’origine.
Tra tutela delle piccole nazioni e ritorno all’identità sportiva, con rischio mercato...
La decisione della FIVB divide: da una parte si limita il fenomeno degli “acquisti di talento” da parte delle nazionali più forti, a tutela dei Paesi con bacini più ridotti; dall’altra si riducono le possibilità per gli atleti che, per ragioni umane, professionali o personali, trovano una nuova casa sportiva all’estero.
Una riforma che chiude un’epoca, quella della globalizzazione applicata alla pallavolo, e apre una fase più rigida, in cui la stabilità dell’identità nazionale torna al centro delle strategie federali.
Per ogni regola c'è però un ulteriore rischioso sviluppo. Quello denunciato in estate da Luizomar de Moura, tecnico brasiliano diventato CT di Cuba. La possibilità che alcune federazioni possano "attivare" un vero e proprio commercio di prospetti giovanili provenienti dai Paesi più poveri, scommettendo sulle loro potenzialità e facendo loro cambiare nazionalità ben prima dell'esordio nelle nazionali giovanili, magari sostenendo anche la famiglia dei giovanissimi.











