Mondiali | 01 ottobre 2025, 17:00

Rassegna Stampa: Avvenire, "LʼItalia è una Repubblica «fondata sulla pallavolo»"

Redazione Volleyball.it

Impeccabile l'intervento odierno di Mauro Berruto, ex Ct azzurro, su l'Avvenire...

Rassegna Stampa: Avvenire, "LʼItalia è una Repubblica «fondata sulla pallavolo»"

MODENA - Rassegna stampa. Tra i quotidiani odierni interessante, come sempre, l'intervento dell'ex Ct azzurro Mauro Berruto su il quotidiano l'Avvenire

di Mauro Berruto 

"L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e sulla pallavolo". Ho scritto questa parafrasi dell’articolo 1 della nostra Costituzione sui social, domenica, pochi secondi dopo la palla attaccata da Simone Anzani che ha consacrato la pallavolo italiana ancora una volta campione del mondo, travolto dall’emozione di un’estate che rimarrà nella storia.

Non immaginavo che sarebbe stata così condivisa, decine di migliaia di persone, che vedono in quel gioco linguistico un fondo di verità: nessun altro sport in Italia può vantare ciò che la pallavolo è riuscita a costruire.

Per capire la portata fantascientifica del volley azzurro, bisogna considerare che, nell’arco di una manciata di mesi, le nostre squadre nazionali hanno disputato quattro finali di campionati Mondiali, seniores maschile e femminile e under 21 maschile e femminile, vincendone tre su quattro. E se non bastasse le due finali assolute contro Turchia e Bulgaria ci hanno messo di fronte a squadre allenate da due allenatori italiani!

Una dimostrazione di forza globale, in uno sport planetario, per un movimento che si muove come un corpo unico che non trova paragoni (e non solo nel nostro Paese).

Non è la fotografia di un ciclo fortunato, anche perché questo dominio ha avuto inizio negli anni Novanta del secolo scorso: in trentacinque anni di storia, un’era geologica per lo sport, il bottino di medaglie di nazionali maschili, femminili, giovanili è realmente impressionante ed è il frutto di un progetto che ha radici profonde e che racconta una visione.

Penso, per esempio, ai Regional Days, le giornate di selezione che portano gli allenatori delle giovanili insieme ai commissari tecnici a viaggiare in lungo e in largo, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, per vedere da vicino ragazzi e ragazze, incontrare tecnici e dirigenti territoriali, respirare il profumo delle palestre di provincia, che sono ancora il cuore pulsante del nostro sport, e contemporaneamente portare lì il sogno della Nazionale.

Penso al Club Italia, laboratorio permanente dove i talenti vengono accompagnati a crescere dentro un percorso formativo rigoroso. Penso, soprattutto, a quel legame fortissimo e bellissimo con la maglia azzurra, che continua a emozionare e a generare appartenenza.

Mi sono commosso quando domenica ho visto diventare campioni del mondo, alcuni dei ragazzi che dieci anni fa avevo incrociato nel mio ultimo giro d’Italia dei Regional Days: avevano, più o meno, quindici anni. Allora erano speranze, oggi sono parte di una generazione che continua a rendere l’Italia il faro della pallavolo mondiale. È un privilegio raro per chi ha avuto la fortuna di accompagnare, per un tratto di strada, questa storia. La pallavolo, del resto, è l’unico sport al mondo dove il passaggio della palla è obbligatorio per regolamento: non si può trattenere, non si può custodire per sé, dunque è impossibile vincere da soli. È un insegnamento straordinario, tanto più in un tempo in cui individualismo e protagonismo sembrano prevalere. Forse è questa la chiave della nostra storia: l’Italia della pallavolo non è solo un movimento sportivo vincente, è un modo di intendere la squadra e la comunità. Un modello che parla di condivisione, di fiducia reciproca, di responsabilità collettiva che rende davvero unico e perfino rivoluzionario il messaggio della pallavolo.

E allora questa grande emozione non deve esaurirsi nella celebrazione, deve essere ispirazione. Nello sport, come nella vita, ce la si fa solo quando passare la palla, da obbligo, diventa gioia.