PINEROLO - La serata che avrebbe dovuto raccontare soltanto la sconfitta casalinga di Pinerolo contro Macerata si è trasformata in qualcosa di ben più grave. A dominare il post-partita non è stato il risultato, ma il durissimo sfogo social dell’opposto della Monviso Volley e della Nazionale italiana, Adhu Malual, che su Instagram ha denunciato un episodio che nulla ha a che vedere con lo sport.
Secondo il suo racconto, dalla tribuna del palazzetto non sarebbero arrivati semplici fischi per una prestazione sotto tono, ma una serie di insulti personali, offese ripetute e – elemento più grave – commenti razzisti rivolti non soltanto all’atleta, ma anche ai suoi familiari presenti sugli spalti.
Malual ha parlato apertamente di una “linea superata”, spiegando come in dodici anni di carriera non avesse mai vissuto un simile atteggiamento da parte del pubblico della propria squadra: “Insulti, fischi costanti e commenti razzisti. Non per spronare, ma per colpire”. Il punto più doloroso, ha raccontato, è stato vedere coinvolta la sua famiglia: “Quando a pagare il prezzo è anche la famiglia sugli spalti, il problema non è sportivo. È umano”.
Nel suo messaggio l’opposto azzurra ha rimarcato il proprio orgoglio di appartenere all’Italia e di indossare la maglia della Nazionale: “Sono fiera di essere italiana e di indossare la maglia azzurra. Non permetterò a nessuno di mettere in discussione l’amore per questo Paese”.
Malual ha ringraziato la società per il sostegno ricevuto e ha promesso di continuare a lavorare con professionalità e dignità, ma ha chiuso con una presa di posizione netta: “Il silenzio, davanti a certi comportamenti, non è più un’opzione”.
Un episodio che scuote l’ambiente e che richiama ancora una volta l’attenzione sul rispetto dovuto agli atleti, dentro e fuori dal campo.
Il post di Malual
Ieri sera ho giocato in casa.
E non mi sono sentita a casa.
In 12 anni di carriera non avevo mai assistito né vissuto sulla mia pelle un atteggiamento del genere da parte del pubblico che dovrebbe sostenere la propria squadra.
Si può sbagliare. Fa parte del gioco, fa parte del lavoro, fa parte dell’essere umani.
Quello che non fa parte di questo sport sono insulti, fischi costanti, offese personali e sì commenti razzisti, rivolti non solo a me ma anche ai miei familiari sugli spalti.
Dal primo punto all’ultimo.
Non per spronare.
Non per sostenere.
Solo per colpire.
Sono fiera di essere italiana.
Sono fiera di giocare in uno dei campionati più forti al mondo.
Sono fiera di indossare la maglia azzurra, perché l’amore che provo per questo Paese, che è la mia casa, è indescrivibile.
E non permetterò a nessuno di metterlo in discussione.
I momenti no esistono per tutti, in qualsiasi ambito.
C’è una linea sottile tra il tifo e la mancanza di rispetto.
Ieri sera quella linea è stata superata più volte.
E quando a pagarne il prezzo non è solo l’atleta in campo, ma anche la squadra e la sua famiglia sugli spalti, allora il problema non è sportivo.
È umano.
Io continuerò a fare il mio lavoro.
Con dignità.
Con professionalità.
Con rispetto per questo sport.
Ma una cosa va detta chiaramente:
il silenzio, davanti a certi comportamenti, non è più un’opzione.
Ringrazio la società per il supporto dimostrato, e i tifosi che riconoscono il mio impegno e comprendono il momento delicato.











