BRASILE - Riferimenti della Nazionale brasiliana e della pallavolo del Paese, la schiacciatrice Gabi e i liberi Maique e Serginho Escadinha hanno commentato l’importanza della rappresentatività e del diritto di vivere la propria verità, dentro e fuori dal campo, negli episodi della serie “Orgulho em Movimento” (Orgoglio in movimento). In questo contesto, Ikaro Kadoshi, figura di riferimento dell’attivismo LGBTQIAPN+ in Brasile, lancia la serie con il sostegno di Nike. La produzione invita a riflettere su diversità e inclusione attraverso storie reali, trasformando i dati in narrazioni personali.
Composta da sei episodi, la serie presenta interviste con atleti, rappresentanti di collettivi sportivi LGBTQIAPN+ e professionisti che utilizzano lo sport come strumento di appartenenza e impatto sociale.

Già online l'appuntamento con Gabi, stella del Brasile e della Prosecco Doc Imoco Conegliano.
Nell’episodio “O poder de ser quem sou” (“Il potere di essere chi sono”), la capitana Gabi Guimarães sottolinea l’importanza della rappresentatività e del diritto di vivere autenticamente dentro e fuori dal campo raccontando a cuore aperto la sua storia personale e sportiva: un percorso di autoconoscenza, libertà e accettazione costruito grazie alla pallavolo. Con la consueta sincerità, la schiacciatrice brasiliana ha ripercorso le tappe della sua carriera, dal sogno d’infanzia alla consapevolezza della propria identità, fino al ruolo di riferimento per tante giovani atlete LGBTQIA+.
"Mi faceva male non capire perché alcune persone non mi accettavano o mi giudicavano tanto" – ha ammesso – "Poi ho capito che forse ero io stessa a non conoscermi ancora bene, a non accettarmi del tutto."
Cresciuta in una famiglia sportiva di Belo Horizonte, Gabi ricordava di essere “sempre stata in movimento”. Prima il tennis, poi il calcio, poi la scoperta casuale della pallavolo a scuola, quando fu chiamata per completare una squadra di compagne. Da lì la passione, la crescita rapida, la convocazione nelle giovanili e poi la chiamata di Bernardinho nella nazionale maggiore a soli 18 anni. "È stato tutto così veloce che non ho avuto nemmeno il tempo di realizzare. Ma era il mio sogno, e volevo viverlo fino in fondo."
Nel racconto, Gabi ha spiegato quanto lo sport l’abbia formata anche come persona: "Da ragazza sognavo solo di essere un’atleta. Non pensavo alle pressioni o alle aspettative, volevo solo giocare e divertirmi. Oggi capisco quanto sia importante ritrovare quella leggerezza."
Col passare degli anni, però, il successo ha portato anche la consapevolezza del peso della visibilità. "Quando incontri bambini che ti dicono ‘voglio essere come te’, senti che non sei più solo una giocatrice. È una responsabilità, ma oggi la vivo con serenità. Ho imparato a conoscermi, la terapia mi ha aiutata a capire che il giudizio degli altri non definisce chi sono."
Un passaggio centrale dell’intervista riguarda la sua identità e il percorso di accettazione della propria bisessualità: "Non avevo riferimenti, né a scuola né in TV. Crescendo sentivo qualcosa dentro di me che non capivo e che, per paura, giudicavo sbagliato. Poi, grazie al volley, ho incontrato atlete che vivevano la loro verità e ho cominciato a capire la mia. È stato difficile, ma anche liberatorio."
Il momento più toccante, racconta, fu il dialogo con la madre: "Avevo paura di dirglielo, ma quando finalmente ho parlato lei mi ha abbracciata e mi ha detto: ‘Io lo sapevo già, e non cambia nulla. Voglio solo che tu sia felice’. Da quel momento ho iniziato davvero ad accettarmi."
Accanto alla madre, una figura chiave fu la compagna di squadra Ana Carolina da Silva, per tutti “Carol”, che divenne la sua prima grande alleata e amica. "È stata lei a togliermi dal giudizio verso me stessa. Non so come avrei fatto senza quel sostegno."
Oggi Gabi sente di avere un compito: "Voglio che le nuove generazioni abbiano più riferimenti di quanti ne avessi io. Voglio che i club, i dirigenti e i tecnici capiscano quanto sia importante creare ambienti sicuri. Lo sport deve essere uno spazio di accoglienza, non di paura."
Il suo messaggio, forte e sereno, è rivolto a chiunque lotti per essere se stesso: "Non abbiate paura. Alcune porte si chiuderanno, ma altre si apriranno. Cercate le persone che vi sostengono: un amico, una madre, un allenatore. Lo sport può trasformare la vita, come ha trasformato la mia."
Nella parte finale, Gabi riassume il senso più profondo del suo viaggio: "Oggi sono una donna che non rinuncia più a chi è. Lo sport mi ha insegnato la verità più semplice: puoi vincere o perdere, ma l’importante è alzarsi ogni giorno e continuare. Essere se stessi è la più grande vittoria di tutte."











