Nel cuore di quello che è considerato il campionato di pallavolo maschile più bello del mondo, la SuperLega italiana, emerge una riflessione che va oltre lo spettacolo sul campo.
In un'epoca in cui ogni match è visibile in streaming, dove Superlega, Serie A2 e Serie A3 sono a portata di click e i club comunicano direttamente con i tifosi sui social, sembra venire meno una certa correttezza nei confronti dei comunicatori tradizionali.
Se da un lato i club si rivolgono con entusiasmo a una platea giovane, spesso poco critica, alimentando una comunicazione diretta e continua (chi bene, chi molto meno bene), dall'altro sembra sempre più di sovente che i giornalisti e le testate tradizionali siano considerate utili solo quando c'è da promuovere una sponsorizzazione, la presentazione delle campagne abbonamenti, o per presenziare alle conferenze stampa per mostrare così sale piene allo sponsor di turno....
Invece, quando si tratta di comunicare infortuni, difficoltà o notizie meno comode, prevale il silenzio e, addirittura, si mostra una certa suscettibilità se poi si scrive di mancanza di trasparenza.
È una dinamica che merita di essere evidenziata, perché la correttezza dell’informazione passa anche attraverso un rapporto equilibrato tra club, tifosi e quei media che, con tutti i loro difetti, rappresentano ancora un pilastro dell’informazione sportiva.
Non stupiamoci poi se tra qualche anno i giornalisti della pallavolo saranno una specie in via estinzione, da WWF... anzi WWR
P.S. Non nego che, oltre a me, anche altri colleghi temono che questo sia il disegno finale, il desiderata di molti: meno rischi di critiche, meno analisi e più posti in tribuna da vendere. E la comunicazione? Su Instagram, dove tutto brilla… ma solo grazie ai filtri.











