Comunichescion | 29 ottobre 2025, 11:01

Caro Simone, questa volta sbagli

Luca Muzzioli

Il post del palleggiatore azzurro e di Perugia sulla possibile Supercoppa natalizia ha acceso il dibattito. Ma dietro le scelte delle istituzioni, spesso, ci sono motivazioni più complesse di quanto appaia

Simone Giannelli e il presidente di Perugia Gino Sirci

Simone Giannelli e il presidente di Perugia Gino Sirci

Parto da una premessa: so benissimo che dare torto a un campione – e uomo – come Simone Giannelli, che ha centinaia di migliaia di follower e integrità personale assodata, è un atto “impopolare”. So che la sua opinione raccoglie consensi immediati e che andare controcorrente non è mai facile, ma credo sia necessario farlo per chiarire un punto.

Il regista perugino ha definito l’ipotesi di recuperare la Supercoppa nel periodo Natalizio una “pagliacciata”. Giudizio severo, di facile consenso e risalto. Tanti i like social, tanti gli articoli – anche Repubblica gli ha dedicato spazio – ma credo che ci sia una logica dietro a certe scelte gestionali.

E sì, so perfettamente che non è una situazione normale: la cancellazione dell'evento in Arabia Saudita è stata un’emergenza, non la regola, e la Lega si è trovata a dover gestire un imprevisto.

Quello che voglio sottolineare è che forse l’unico vero errore della Lega – oltre alla fiducia data ai sauditi – è non aver avuto Giannelli presente nella Consulta che ha dovuto gestire l'emergenza. Qualcuno che – come Simone, persona di spessore – capisca e possa spiegare a tifosi e colleghi atleti quanto sia complesso trovare soluzioni in certe situazioni. Perché va anche ricordato a Simone (in questo caso inteso come ai giocatori) che i club, se potessero, moltiplicherebbero come i pani e i pesci la data di Santo Stefano: più “boxing day”, più incassi, più spettacolo. Sono spesso proprio loro a chiedere di giocare di più per valorizzare il prodotto.

Giannelli, che ha anche – tra i tanti – il pregio di essere lo stakanovista per eccellenza, il primo a correre in Nazionale appena finita la stagione di club e a partire subito dopo un Mondiale per una tournée in Giappone con la sua squadra, deve anche capire che non tutti i giocatori vivono questo ritmo. Molti finiscono a marzo/aprile e non vanno in Nazionale, quindi il loro periodo di attività professionale per cui esigere un ingaggio è diverso.

In definitiva, specifichiamolo: non è che Giannelli sarebbe stato chiamato comunque a decidere, ma se fosse stato coinvolto avrebbe compreso le difficoltà di chi organizza – Lega, Federazione o club che sia.

I club garantiscono i contratti che permettono ai giocatori di fare questo mestiere, ed è un lavoro particolare, con regole e tempi di riposo diversi. A volte, bisogna solo dire: the show must go on.