Comunichescion | 04 agosto 2025, 13:00

Italia, tra limiti e responsabilità: il Mondiale come spartiacque

Luca Muzzioli

La rotazione sbagliata degli azzurri nel secondo set con Giannelli (numero 6) in diagonale con Lavia e Michieletto (numero 5) in diagonale con Rychlicki

La rotazione sbagliata degli azzurri nel secondo set con Giannelli (numero 6) in diagonale con Lavia e Michieletto (numero 5) in diagonale con Rychlicki

La Polonia è, oggi, una delle squadre più forti al mondo. Organizzata, solida, consapevole dei propri mezzi. E perdere contro di lei, persino in modo netto come accaduto nella finale della Volleyball Nations League, può anche starci. Fa parte delle regole del gioco. Ma ci sono dettagli che vanno oltre il punteggio e che meritano di essere messi a fuoco, perché in certi contesti fanno la differenza tra una sconfitta fisiologica e una resa evitabile.

Il secondo set della finale è stato segnato da un episodio che a questi livelli non dovrebbe mai accadere: l’inversione di due giocatori nel sestetto consegnato ufficialmente agli arbitri. Un errore grossolano, che ha costretto l’Italia a partire con uno svantaggio mentale e tattico, regalando di fatto l'iniziativa a una squadra come la Polonia che non ha certo bisogno di aiuti esterni. È una svista che lascia perplessi, non solo per il gesto in sé, ma per ciò che rivela in termini di lucidità e controllo della gestione.

Poi c'è la questione delle responsabilità. Dopo la partita, Simone Giannelli, uno dei leader riconosciuti e forse il più vicino alle idee e al percorso di Ferdinando De Giorgi, ha usato parole che non possono passare inosservate. "Ognuno si deve assumere le proprie responsabilità" ha detto. Non è una frase qualunque, specie se arriva da chi rappresenta l’equilibrio tra spogliatoio e panchina. È il segnale di un gruppo che forse inizia a interrogarsi davvero sul proprio futuro.

La sensazione è che questa Italia, quella del ciclo avviato dopo Tokyo, stia arrivando a una curva del proprio percorso. Non è detto che sia un capolinea, ma è difficile negare che i margini di crescita – almeno con questo assetto – sembrano oggi più limitati rispetto a un anno fa. A meno che non si accenda qualcosa nei giovani, a partire da Michieletto, che pur restando un talento straordinario, sembra oggi chiamato a un salto definitivo per diventare leader tecnico.

In questa prospettiva, l'imminente Mondiale 2025 - a cui arriviamo da detentori  - rischia di diventare molto più di un semplice appuntamento agonistico. Potrebbe essere un vero spartiacque, una verifica profonda non solo delle ambizioni del gruppo, ma della sua stessa tenuta tecnica e motivazionale. E c’è da credere che anche in federazione, a cominciare dai vertici, questa riflessione sia già in corso. Perché il biennio che porta a Los Angeles 2028 non è solo una rincorsa olimpica: è un’occasione per decidere se rilanciare questo gruppo o avviare una transizione verso qualcosa di nuovo. Magari meno definito, ma più stimolante.