L’11 agosto 2024 non è stato un giorno come gli altri. Per chi ama la pallavolo, è stato il giorno in cui abbiamo visto accadere ciò che per decenni avevamo solo sognato. Ricordo bene l’aria di Parigi quel pomeriggio, il rumore del pubblico, il silenzio carico di attesa prima del primo fischio. Poi, in poco più di un’ora di gioco, la storia si è scritta da sola: l’Italia femminile di Julio Velasco ha conquistato il primo oro olimpico della nostra pallavolo, maschile o femminile, travolgendo gli Stati Uniti 3-0.
Per me è stato anche un conto aperto con la storia. Ho visto l’oro olimpico sfuggire troppe volte, a partire da quella maledetta Atlanta 1996, dove ero presente quando la Generazione di Fenomeni di Velasco si fermò sull’ultima palla, finita sull’asta nella finale contro l’Olanda. Una ferita sportiva che ho rivissuto a Rio2016, ancora in finale, e che per anni ha lasciato l’Olimpiade come l’unico podio incompleto della nostra pallavolo. A Parigi, finalmente, quel cerchio si è chiuso.
Lo avevo raccontato allora e lo ripeto oggi: quello delle azzurre era un potenziale che covava dentro questo gruppo dal 2018, ma serviva qualcuno capace di togliere il superfluo, riportare il gioco al centro, ritrovare il "qui e ora". Velasco l’ha fatto, in quattro mesi scarsi, con la calma e la lucidità di chi sa leggere le persone prima ancora delle partite. Sei vittorie, un solo set lasciato per strada, cinque azzurre nel Dream Team e Paola Egonu MVP: questo l’epilogo, ma dietro c’era un percorso di rigenerazione.
E non posso dimenticare che qualche ora prima, il 10 agosto, un altro italiano scriveva la sua pagina d’oro: Andrea Giani, lacrime e sorriso largo, portava la Francia maschile al secondo titolo olimpico consecutivo. Lui che ad Atlanta ’96 aveva visto l’oro sfuggire da protagonista in campo, ora lo teneva in mano da allenatore, battendo la Polonia con un 3-0 di dominio tecnico.
Quelle giornate sono state anche un riscatto personale per entrambi: Giani ha dimostrato che si può vincere con il sistema e non con i soli campioni; Velasco che, a 72 anni, si può ancora ribaltare il destino di una squadra e di un’intera storia sportiva.
Un anno dopo, quelle emozioni non si sono sbiadite. Ho ancora negli occhi Sylla che ride e si commuove, Danesi che scambia la medaglia con la sua prima compagna di stanza, De Gennaro lanciata in aria come omaggio a una carriera irripetibile. E la Francia di Giani che festeggia compatta, senza un protagonista unico, ma con il gusto di un’opera corale.
Parigi 2024 ci ha regalato il privilegio di esserci. L’11 agosto 2025 ci ricorda che certi giorni non finiscono mai davvero: restano sospesi, pronti a tornare ogni volta che qualcuno, rivedendo quelle immagini, sentirà di nuovo il brivido di dire “io c’ero”.
Ciao Parigi, grazie ancora. E ora… avanti, perché la storia non ha smesso di scriversi.