Dopo un’estate di letture di diverse pubblicazioni legate al mondo della pallavolo, “Io posso. Un’allenatrice di pallavolo in Pakistan e Iran” di Alessandra Campedelli è il libro che più ci ha colpito: per contenuto, per coraggio, per profondità e per quella forza che solo le scelte consapevoli sanno lasciare in chi legge. Uscito a giugno di quest'anno, edito da Baldini & Castoldi (464 pagine, prezzo: € 18,00), merita oggi più che mai tutta l’attenzione di chi vive o racconta la pallavolo. Ma soprattutto, di chi la vive da donna.
Con la prestigiosa prefazione di Franco Bragagna, il libro non è una semplice narrazione autobiografica: è un atto di resistenza sportiva e civile. Alessandra Campedelli, allenatrice trentina, già nota in Italia per i successi con le giovanili e con la Nazionale sorde, ha scelto – quasi contro tutto e tutti – di guidare prima la Nazionale femminile dell'Iran e poi quella del Pakistan. Due incarichi che vanno ben oltre l’aspetto tecnico: sono sfide culturali, identitarie, umane.
Pagina dopo pagina, “IO POSSO” ci trascina in un viaggio fisico e mentale, fatto di adattamento, incomprensioni, barriere (linguistiche, culturali, religiose) ma anche di dialoghi profondi, incontri sinceri e momenti in cui la pallavolo riesce ancora ad essere uno spazio di libertà e confronto. Il titolo stesso è un’affermazione rivendicativa. IO POSSO. Un verbo che in contesti come quelli pakistano e iraniano – e, in parte, anche italiano – assume un peso politico quando a pronunciarlo è una donna in una posizione di comando.
Il racconto scorre con la naturalezza di chi ha vissuto tutto sulla propria pelle: le pagine sono cariche di emozioni, ma anche di lucidità analitica. Campedelli non cerca facili eroismi né vittimismi. Resta allenatrice, sempre. Lavora, osserva, cambia ciò che può cambiare. Ma sa anche raccontarci cosa significhi essere “tollerata” in un sistema che mal digerisce il concetto di donna leader, tecnica, competente. Questo, forse, è il nodo più potente del libro: la messa a nudo della sistematica esclusione delle donne nei ruoli di potere, anche nello sport, e di quanto questa dinamica sia trasversale. In Pakistan, in Iran, ma anche in Italia.
Allenare una squadra femminile in questi Paesi vuol dire farlo sotto hijab e con mille limiti logistici, ma anche contro pregiudizi di genere profondissimi. La stessa autrice non nasconde le difficoltà nel vedersi ascoltata, accettata, legittimata. Una donna alla guida di un gruppo, che parla con autorità, è spesso percepita come “strana”, “fuori posto”, perfino “fastidiosa”. Un meccanismo noto a chiunque abbia vissuto il mondo sportivo, in qualsiasi latitudine, ma che qui viene raccontato con il coraggio di chi non accetta di subirlo in silenzio.
La scrittura è limpida, asciutta, mai ridondante. Ogni capitolo alterna riflessioni e aneddoti, rendendo il volume accessibile e avvincente anche per chi non conosce bene il contesto asiatico. Il Pakistan e l’Iran descritti da Campedelli sono reali, contraddittori, stratificati, con giovani donne desiderose di imparare, di giocare, di emergere. Ma sono anche Paesi in cui ogni gesto, ogni parola, ogni abbraccio va pesato.
Alla fine della lettura resta una domanda: quante opportunità abbiamo perso – e perdiamo ogni giorno – perché chi poteva insegnare, guidare, innovare è stato/a messo/a da parte? E quante volte ci rassegniamo al fatto che alcune panchine “non sono per le donne”?
“IO POSSO. Un’allenatrice di pallavolo in Pakistan e Iran” non è solo la storia di un’avventura professionale estrema. È un manifesto, un monito, un invito ad alzare lo sguardo. E ad ascoltare, finalmente, quelle voci che troppo spesso, anche nella nostra pallavolo, sono rimaste ai margini.
Un libro necessario. Da leggere, da discutere, da portare in palestra.
Qui la pagina ufficiale su Baldini & Castoldi
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Con questa recensione sono arrivato "lungo", ma lo dovevo ad Alessandra e a quanto ha significato questo duplice viaggio. L'estate è stata davvero impegnativa, anche a livello personale, ma finalmente eccoci qua.